Libro cuore: “infortunato, soffro due volte”. Librizzi dà appuntamento a settembre

Matteo Librizzi OJM Varese

VARESE – La stagione che doveva consacrarlo serie A si è trasformata in una lunga sosta ai box. Il doppio brutto infortunio alla spalla sinistra, l’operazione e la riabilitazione. Un raggio di sole? Aver tolto ieri (giovedì 25 aprile) per la prima volta il tutore. Matteo Librizzi si confessa. “Sono il primo tifoso della mia squadra, ma, lo ammetto, soffro due volte”. Lo sguardo è già a domani. “Se tutto va bene ci vediamo a settembre. Ancora con la maglia di Varese”.

Libro, come stai?

Ho appena tolto il tutore e sto facendo fisioterapia. Ieri (giovedì 25 aprile) è stato il primo giorno senza tutore. Ho lussato la spalla con Keravnos e poi una ricaduta, in allenamento, il 28 febbraio. Lesione del cercine della spalla sinistra. Intervento in artroscopia e una lunga riabilitazione.

Quando ti rivedremo in campo?

I medici mi hanno detto a 9 mesi dall’intervento. In realtà con i fisioterapisti pensiamo anche prima. Naturalmente bisogna vedere giorno dopo giorno come reagisce la spalla. La mia speranza è di perdere il meno possibile della prossima stagione. Insomma vorrei bruciare le tappe ed essere in campo già a settembre.

Stai accanto alla squadra in un momento difficile, come la aiuti?

Purtroppo non posso fare molto a livello cestistico. Però ho sempre cercato di essere parte della squadra: presente agli allenamenti, alle riunioni tecniche e alle partite. Sono diventato il primo tifoso in campo.

Quest’anno è stato un anno difficile per te: difficoltà nelle rotazioni e poi il doppio infortunio

Ho vissuto molti alti e bassi. Un periodo dove non giocavo molto, belle partite in Fiba Europe Cup, qualche minuto guadagnato con l’infortunio di Moretti e un paio di partite (a Pesaro e a Treviso) che forse sono state le migliori della mia carriera. Poi l’infortunio, l’operazione e l’uscita di scena. Devo confessare che è molto frustrante non poter aiutare i miei compagni in campo e in allenamento.

Un giudizio sulla stagione della squadra?

E’ stata una stagione molto difficile, perché avevamo ancora negli occhi il bel percorso dell’anno scorso. Ad agosto abbiamo ricominciato con giocatori completamente differenti ed è stato difficile trovare il ritmo giusto, anche perché abbiamo avuto in pratica due roster diversi. E’ un peccato perché in certi momenti abbiamo dimostrato di poter competere contro tutti. Penso alla partita contro Brescia: è vero, abbiamo perso, ma ce la siamo giocata fino all’ultima palla contro la capolista.

A proposito di cambiamenti, l’addio di Hanlan non deve essere stato semplice

Assolutamente no. Olivier era il nostro capitano, il leader e il punto di riferimento offensivo. Però abbiamo inserito Hugo, che è entrato subito con la giusta mentalità. Abbiamo dovuto trovare un nuovo assetto, altri compagni hanno avuto più responsabilità in attacco e direi che ce la siamo cavata.

Come hai vissuto la partenza del tuo “gemello” Virginio?

E’ capitato tutto nella settimana che mi hanno operato. Torno al Campus e mi combinano questo casino (risata). Cosa posso dire? Per me Nicolò è come fosse un fratello, è una vita che giochiamo assieme e mi è dispiaciuto moltissimo. Però alla Juvi Cremona si sta trovando bene e sono contento che stia avendo il suo spazio per dimostrare in campo le belle cose che faceva in allenamento.

Poi a dicembre è atterrato Mannion. Un anno di differenza, stesso ruolo, stessa taglia fisica

Cosa posso dire? Da lontano puoi solo percepire che Nico ha qualcosa di speciale dentro di sé. Conoscevo già la sua storia, ma vedendolo tutti i giorni in allenamento e in partita ha davvero una marcia in più. Le cifre strepitose che sta mettendo assieme lo dimostrano. Su un campo da basket sa fare tutto. Aveva solo bisogno che una squadra gli desse totale fiducia. Dico la verità, sto provando a rubargli qualche segreto. Uno in particolare? Saper sfruttare la propria esplosività. Anch’io ho buone gambe, ma finora non mi ero ancora reso conto quanto l’esplosività fosse determinante per una guardia.

Tanti allenatori: Vertemati, Roijakkers, Seravalli, Brase, Galbiati, Bialaszewski, Legovich, Mandole

Da ciascuno ho preso qualcosa. Sono personalità differenti, ma anche io sono diverso: prima ero un ragazzino, adesso sono un giocatore a tutti gli effetti. Da tutti ho imparato l’importanza di mettersi in gioco, di vivere ogni allenamento come se fosse l’ultimo. Soprattutto quando si gioca poco. Perché è l’unico modo per farti trovare pronto. Poi con ciascuno di loro ho amato e amo confrontarmi in maniera individuale sul basket e su tante cose.

Sei figlio del progetto player development tanto caro a Luis Scola

Ho esordito in serie A nell’ultimo anno di Luis giocatore. Da allora per me è stato un percorso di crescita tecnico continuo e costante. Faccio un esempio. Nel settore giovanile cercavo molto la conclusione dalla media distanza e avevo un tiro da 3 macchinoso e lento. Adesso invece, grazie all’allenamento individuale, mi fido molto del mio tiro da fuori. Un’altra cosa che ho imparato è spingere tantissimo nel lavoro estivo. Durante la stagione ci sono le partite e le sedute di squadra, quindi è fondamentale sfruttare al meglio l’estate per farsi trovare pronto per la stagione successiva.

A livello senior sei partito dalla C e dalla B con la Robur: che ricordi hai di quegli inizi?

La serie C con Bizzozi l’abbiamo affrontata con uno spirito ancora giovanilistico. In B con la Robur sono invece capitato in un contesto senior, con giocatori, cito Allegretti per tutti, autentici veterani della pallacanestro. Mi ha aiutato da morire anche solo per capire le dinamiche del basket vero.

Ragazzo di Varese che difende la maglia di Varese: come ci si sente?

E’ una fortuna. Per noi è sempre un lavoro, ma è romantico giocare e difendere i colori della tua città.

Anche ispiratore dei giovani. Assui ci ha confidato che sei il suo punto di riferimento

Davvero ha detto così? Per me è un piacere assoluto essere un punto di riferimento per i più giovani, che sono anche i miei amici al di fuori della pallacanestro.

Qual è il compagno di squadra a cui sei più legato? (Virginio non vale)

Quest’anno direi Davide Moretti. Persona super, disponibilissimo, un professionista a tutto tondo. Lo definirei un giocatore già con la testa da allenatore. Vorrei vivere il basket come fa lui. Non lascia niente al caso in campo e fuori. Ogni dettaglio è studiato per performare al massimo la domenica: dalla dieta alla cura del proprio corpo ad altri piccolissimi ma fondamentali aspetti. Tutto è in funzione del suo essere giocatore.

Un normal one in un mondo di giganti. C’è un giocatore a cui ti ispiri?

Sinceramente non ho mai pensato ad un unico giocatore a cui ispirarmi. Amo il basket, mi piace guardare l’Eurolega e la Nba e provare a copiare qualche movimento. In un mondo di giganti cerco di prendere i punti di forza del mio fisico: la velocità, l’esplosività, riuscire a scappare dai blocchi perché non riescono a prendermi.

E adesso qual è il tuo obiettivo?

Riprendermi al massimo, perché non vedo l’ora di tornare in campo ed essere la versione migliore di me stesso.

Ancora con la maglia di Varese?

Sì, assolutamente sì.

Matteo Librizzi OJM Varese – MALPENSA24