Varese, Bossi convitato di pietra alla festa della “nuova” Lega. Evitate le polemiche

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VARESE – La conferma plastica di come sia cambiata la Lega è l’immagine di Matteo Salvini e dell’intero stato maggiore leghista che fanno comizio sotto la statua del Garibaldino, nell’omonima piazza di Varese. Luogo storico e simbolico – ospita la prima sede del partito che fu di Umberto Bossi – , è qui che si festeggiano i quarant’anni del movimento, all’ombra di un monumento che evoca Garibaldi e l’Unità d’Italia. Una bestemmia, quattro decenni fa. La nuova prospettiva nazionale che abbraccia il Sud, contempla oggi programmi ben al di là del Nord che “paga e tas”, si distende da Varese a Palermo e cancella per sempre l’idea velleitaria della secessione.

Il vertice abbozza

In piazza ci sono tutti i capataz, applaudono, sottolineano, raccomandano, plaudono all’Autonomia, obiettivo ultimo, in dirittura d’arrivo in Parlamento, che rimanda alle origini. Ci sono tutti, ma non c’è Bossi, il padre del movimento. Assente giustificato? Di sicuro, il convitato di pietra. Ieri, a Gemonio, il Senatur ha esternato: “Così non va, per la Lega ci vuole una nuova leadership”. Un fucilata per gli attuali organigrammi di vertice, che però abbozzano. Abbozza Salvini: “Sono contento di averlo trovato in salute”. Fingono di non aver sentito tutti gli altri che gli fanno corona, i ministri leghisti nel governo Meloni, i segretari regionali e di sezione, i militanti vecchi e nuovi. Rispetto, timore reverenziale, ordine di scuderia? Bossi può dire ciò che vuole, almeno oggi che è giorno di festa. Anche se solo in apparenza, ci verrebbe da dire: ieri a Gemonio c’era l’altra Lega, quella che non sostiene Salvini e vorrebbe che si riprendesse in mano da subito la cosiddetta questione settentrionale.

La Lombardia prima di tutto

Non a caso, Fabrizio Cecchetti, coordinatore della Lega Lombarda, insiste sulla Lombardia, sul fatto che tutti i ministri del Carroccio (si può ancora dire “carroccio”?) sono lombardi, che Salvini, ministro delle Infrastrutture, ha sbloccato cantieri in Lombardia per 12 miliardi. Insomma, un’attenzione particolare per la regione dalla quale tutto è cominciato.

Bossi non c’è, ma è presente nei nostri cuori” taglia corta Marco Bordonaro, segretario della sezione di Varese, dichiarazione che sembra fatta a nome di tutti, per chiuderla lì con l’ipotesi di una scissione che cova sotto sotto, con il disagio per una divisione nei principi tra il partito che fu e quello che è. Sarà un caso, ma Giancarlo Giorgetti, il super ministro del Mef, ricorda la necessità di rispettare le regole, quello scritte e quelle non scritte. Lo ribadisce più volte, come monito, forse. O come richiamo a chi è lì lì per cambiare bandiera o, più semplicemente, conducator: da Salvini al partito del Nord di Roberto Castelli.

Matteo Matteo

“E’una festa” urla nel microfono Salvini. Per dirla in un altro modo, bando alle polemiche, avanti coi ringraziamenti, per il Senatur (ci mancherebbe), per l’indimenticato Bobo Maroni, per chi s’impegna al governo e in Regione (Attilio Fontana), per coloro che hanno creduto e credono negli ideali leghisti. Che non sono più uguali a una volta, ma restano lì sullo sfondo. Il popolo in piazza batte le mani e scandisce il nome di Matteo. In passato inneggiava a Umberto. La Lega è proprio cambiata.

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