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MILANO – Giù le mani da Umberto Bossi. Un imperativo lanciato da Attilio Fontana, governatore lombardo, a margine della posa della prima pietra della Gigafactory di De Nora, ai cronisti che gli chiedevano se ci saranno provvedimenti nei confronti del Senatur e di Paolo Grimoldi dopo le elezioni europee. “Bossi – ha aggiunto Fontana – è assolutamente il fondatore, colui che ha sempre consentito a tutti noi di svolgere attività. Bossi non si tocca. Su Grimoldi ci sono gli addetti, i vertici che decideranno, vedremo”. E ancora: “Non scherziamo. Bossi è una cosa sulla quale neanche si può fare nessun accenno“.
Un inequivocabile altolà! per Matteo Salvini e per il generale Roberto Vannacci intervenuti all’indomani dell’endorsement elettorale del fondatore della Lega a favore di Marco Reguzzoni e di Forza Italia. Parole dure a commento di una presa di posizione certamente inusuale, il primo leghista, il leader da cui tutto è cominciato, che invita l’elettorato a scegliere Reguzzoni e non un candidato salviniano. Il segretario federale ha addirittura evocato l’espulsione di Bossi: “Ha mancato di rispetto non a me ma ai militanti”. E Vannacci: “Le considerazione politiche le lascio al segretario della Lega, io dico solo che, dal punto di vista personale e non politico, gente che cambia faccia in base al vento mi sa tanto di tradimento”.
Per Fontana, invece, e non soltanto per lui: Bossi è Bossi, gli si può perdonare anche certe fughe in avanti. Come dargli torto?