Amministrative, se la provincia di Varese cambia colore

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Una tranvata, non c’è molto da aggiungere. Il centrodestra esce sconfitto dalla tornata delle amministrative in provincia di Varese, dove patisce la scoppola dei ballottaggi a Samarate e a Malnate. I due Comuni si aggiungono ai centri più importanti sotto i quindicimila abitanti che, due settimane fa, avevano già eletto gli esecutivi municipali, come Sesto Calende e Cardano al Campo. Resiste Tradate, che conferma il sindaco dell’ultimo mandato. Un po’ poco per lo schieramento che, a livello nazionale, nonostante le disfatte ai ballottaggi nelle grandi città, veleggia col vento in poppa e detta la linea politica. Ma, seppure le elezioni locali sono sempre qualcosa di diverso rispetto ad altre consultazioni, i partiti della compagine di governo subiscono uno stop che pesa ancora di più per il fatto che, sia a Samarate sia a Sesto e a Cardano, lasciano il posto ai candidati dei gruppi avversari. Quasi che gli elettori abbiano voluto punirli per la loro azione amministrativa degli ultimi mandati, giudicandola inefficace.

E’ così? C’è tempo per analisi più approfondite, per puntare il dito e additare responsabilità. Restiamo ai risultati odierni, che già dicono come qualcosa non abbia funzionato, che qualcosa è stato sbagliato, che l’apporto (e l’immagine) di Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Antonio Tajani è da ritenere insufficiente per far vincere Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia anche nei Comuni del Varesotto. Poi ci si può accontentare di Tradate (sindaco Bascialla della Lega), o, come ha sottolineato giorni fa Andrea Pellicini, presidente provinciale dei meloniani, della vittoria a Cadrezzate con Osmate con un sindaco accasatosi con i Fratelli proprio in vista delle urne.

Diciamo Cadrezzate con Osmate, ridente località bagnata da un lago, ma non proprio l’emblema di un partito che è costretto a ripensare i suoi programmi sul territorio. Né bastano i primi cittadini di Busto Arsizio, Gorla Maggiore e Daverio, a far sorridere i Fratelli: Antonelli, Zappamiglio e Colombo sono arrivati sotto l’ombrello meloniano dopo la loro elezione o in prossimità del voto, nella scorsa tornata amministrativa. E nel momento in cui il partito cominciava la sua corsa a salire nel Paese. Per le più disparate ragioni, lesti a balzare sul carro del vincitore.

Ma questo è un altro discorso. Il tema del qui e ora rimane l’avanzata del centrosinistra, che nella nostra provincia non ha mai avuto grande fortuna, per ragioni storiche, per il Dna di una popolazione conservatrice, per nulla rivoluzionaria e, per dirla tutta, nemmeno progressista. Eppure, stavolta ha sparigliato. Ha messo all’angolo compagini che, proprio qui, all’ombra del Sacro Monte, hanno scritto ampie pagine della storia politica italiana. Basti citare la Lega, per capire a che cosa ci riferiamo. O, se si vuole, possiamo richiamare i risultati delle Europee con il centrodestra comunque dominante, e, nel recente passato, capace di orientare gli elettori anche per le urne locali. Non come oggi, evidentemente. Forse c’entra la disaffezione al voto, la bassa percentuale dei cittadini accorsi ai seggi.

C’entra tutto quello che si può immaginare, però, a questo punto, gli esiti delle amministrative sono manna per le prossime elezioni con voto ponderato a Villa Recalcati (votano soltanto i consiglieri comunali). Lì, il presidente “civico” Marco Magrini, potrà contare sull’apporto di un numero considerevole di elettori di centrosinistra, al netto di quanto incideranno i rappresentanti di centrodestra di Busto Arsizio e Gallarate. Considerazione tutt’altro che prematura visti i nuovi equilibri della politica varesina, destinati a pesare in futuro con sviluppi addirittura imprevedibili.

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