Carlo Lucchina, ex dg della sanità lombarda, condannato per il caso Englaro

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Carlo Lucchina, già direttore generale della sanità di Regione Lombardia

MILANO – Carlo Lucchina, varesino, potente direttore della sanità lombarda all’epoca delle giunte Formigoni, dovrà versare 175mila euro alla Regione che, a sua volta, li versò al padre di Eluana Englaro che fu costretto a ricoverarla in una clinica in Friuli per effettuare l’interruzione del trattamento che la teneva in vita. La vicenda, di cui dà notizia il Corriere della Sera, è complessa, riguarda fondamentali questioni etiche e di coscienza e, non a caso, tenne le prima pagine dei giornali di una quindicina di anni fa.

Lucchina negò la possibilità di “chiudere” il sondino per l’alimentazione artificiale che garantiva la sopravvivenza in stato vegetativo di Eluana, vittima anni prima di un incidente stradale. Il successivo contenzioso avviato al Tar dal papà della donna (morì nel 2009 a 37 anni) si concluse con una sentenza avversa alla Regione Lombardia, che dovette risarcire 175mila euro di spese sostenute per il ricovero in Friuli

Oggi la Corte dei Conti ha condannato in appello l’ex manager varesino. I magistrati contabili si sono basati su una sentenza della Cassazione del 2007 che stabiliva come “ciascun individuo può rifiutare le cure alle quali è sottoposto se le ritiene insostenibili e degradanti”. L’anno successivo, prendendo atto di questa decisione, la Corte d’appello di Milano autorizzò l’interruzione del trattamento, affermando che la richiesta di sospensione delle cure poteva essere espressa anche dall’eventuale tutore, nel caso specifico da Beppino Englaro, padre della donna.

In primo grado, Lucchina venne assolto in quanto fu accertato che la sua decisione era stata presa dopo un parere preventivo dell’avvocatura di Palazzo Lombardia e sostenuta da un documento del Ministero della salute secondo i quali le strutture sanitarie regionali non erano obbligate a sospendere l’assistenza. Precedenti che danno agio all’ex manager di dichiarare al Corriere: “La mia non è stata un’obiezione di coscienza, ma sono state applicate le direttive arrivate anche dall’avvocatura regionale”. A questo punto, probabile il suo ricorso in Cassazione per confutare la Corte dei Conti che invece ritiene la decisione di Lucchina “una violazione dei propri doveri di servizio (…) e di una personale ed autoritativa interpretazione del diritto alla vita e alla salute”.

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