Fratelli d’Italia, il partito dei sindaci che non c’è

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C’è una stranezza politica che balza subito all’occhio nel post elezioni per le Europee: in provincia di Varese, il successo di Fratelli d’Italia, primo partito con un largo 30 per cento, non è sostenuto dalla presenza di sindaci meloniani. Laddove si sono presentati hanno perso. Il caso più clamoroso a Sesto Calende, scelta addirittura per la festa di chiusura della campagna elettorale nel Varesotto ma consegnata al centrosinistra. Evento, quello organizzato nella città del ponte di ferro, che aveva un significato simbolico per tutto il territorio, tant’è vero che lì si è inteso suggellare la conclusione delle settimane di propaganda politica come auspicio dell’annunciata, probabile vittoria alle urne. Presenti soltanto gli addetti ai lavori, cioè i diretti interessati, inesistente la partecipazione di popolo. Eppure, le urne avrebbero decretato un risultato importante dei “Fratelli” per Bruxelles, meno, molto meno, per i Comuni.

Come leggere questo dato? La prima considerazione è un’ovvietà: il voto per le amministrative è diverso nella sostanza da quello nazionale, meno condizionato dai media e dal carisma del leader del partito; per i Municipi, si esprime il consenso al candidato primo cittadino e alla sua eventuale squadra in giunta, indipendentemente dall’appartenenza. Conseguente la seconda osservazione: se il candidato non è considerato all’altezza del ruolo, nessuno lo vota. Ergo, la questione riguarda la classe dirigente espressa da Fratelli d’Italia, ma non solo, in provincia di Varese. Tutti all’altezza? Senza voler generalizzare (ci mancherebbe) il problema è in primo luogo questo. Al pari della scarsa volontà delle persone di assumersi responsabilità amministrative. Professionisti, imprenditori, manager, insegnanti, insomma, l’establishment civico della società è in fuga dagli impegni pubblici. Le ragioni del disimpegno istituzionale sono molteplici, il risultato è che, spesso, trovano spazio sindaci e assessori inadeguati, fuori posto per la mole di incombenze e di difficoltà chiamati ad affrontare e risolvere.

Sia come sia, al di là di queste sottolineature e per tornare al tema del nostro discorso, Fratelli d’Italia oggi esprime solamente tre primi cittadini, Emanuele Antonelli a Busto Arsizio, Pietro Zappamiglio a Gorla Maggiore e Marco Colombo a Daverio. Con una particolarità: sono sindaci acquisiti, cioè non sono stati eletti sotto la bandiera di Fratelli d’Italia, ma ci sono arrivati dopo. Ciò non toglie che non siano considerati organici al partito di Giorgia Meloni, ma rappresentano anche la testimonianza di come, fino a qualche tempo fa, prima che in molti saltassero sul carro del vincitore, la destra varesina fosse in debito di personalità credibili per amministrare città e paesi.

Se così non fosse, un partito oggi al 30 per cento avrebbe saldamente in mano le chiavi di molti Comuni. Un po’come capitò alla Lega degli inizi, quando localmente raggiungeva percentuali bulgare e, subito dopo, con Salvini segretario federale. Nel frattempo, al netto dell’unica opportunità offerta dal prossimo ballottaggio a Malnate dove è in corsa il meloniano Damiani,  c’è già chi si lancia in premature disquisizioni sui futuri assetti amministrativi in provincia di Varese. Il capoluogo, certo, ma anche Gallarate e Busto Arsizio che andranno al voto nel 2027, in politica un’era geologica, nella quale potrebbe accadere di tutto e il suo contrario. Persino che Fratelli d’Italia cominciasse una attenta riflessione al suo interno su come gestire e portare a ulteriore profitto l’ampia apertura di credito concessa dagli elettori. Perché trasformare l’entusiasmo per la crescita in una crisi di crescita, è un attimo.

Nel dicembre scorso, al congresso di Varese, il segretario provinciale Andrea Pellicini, un politico serio e preparato, proclamò la necessità di passare “dal partito dei vicesindaci a quello dei sindaci”. Obiettivo preciso. Il punto è che, per il momento, Fratelli d’Italia, pur forte del consenso popolare, ha già perso una prima, grande occasione. I risultati amministrativi di sabato e domenica scorsi ne sono la conferma.

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