Isolamento, errore in Europa e in Italia

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Giorgia Meloni e Ursula von der Leyen

di Massimo Lodi

Un errore isolare Meloni in Europa. Vediamo. L’ex maggioranza Ursula ha i numeri per governare, pur se risicati, e l’asse Popolari-Socialisti-Liberali può accrescerli arruolando i Verdi o pescando tra i molti “senzatetto” che circolano a Strasburgo. Numericamente, una partita facile. Politicamente, un gioco sbagliato. Perché bisogna tener conto di quant’è emerso dalle urne dei singoli Stati, e se il terzo Paese dell’Unione (l’Italia) premia la destra, essa merita l’interlocuzione a vantaggio generale.

Pare che Von der Leyen stia meditando una tale manovra. Avrebbe dovuto meditarvi prima di stringere l’intesa a pro del suo bis alla guida della Commissione Ue. Isolare è sempre peggio che includere. Il risultato? Un rafforzamento di chi ti contesta, e nella sua nazione ha voce in grado d’inguaiare i burocrati di Bruxelles. Ovvio che vale il discorso parallelo/opposto: una maggior accortezza diplomatica dei vincenti a casa propria (Giorgia detta Giorgia), ma perdenti sullo scenario continentale avrebbe evitato questa situazione. Invece: stallo, imbarazzo, preoccupazione. Eh sì, dato che i tempi volgono al brutto sia a proposito della guerra in Ucraina sia in merito alla situazione economica.

Massimo Lodi

Ci sarà il rammendo? È auspicabile. Il rapporto personale Von der Leyen-Meloni sembra (sembrava?) buono, adesso va ottimizzato. Serve alla leader tedesca una premier italiana disponibile a collaborare, serve alla premier italiana una leader tedesca disponibile a fare importanti concessioni. Tipo: una vicepresidenza e uno dei quattro top jobs (gl’incarichi più rilevanti). Dunque, o trattativa o trattativa. Impensabile una soluzione diversa, se la cultura della governance ha ancora un senso.

Pari discorso sull’isolamento vale nelle questioni tricolori. Lascia basìti l’intento di modificare la Costituzione a colpi di maggioranza, con evidente scambio di bandierine propagandistiche: a Fratelli d’Italia il premierato, alla Lega l’autonomia differenziata, a Forza Italia la riforma della giustizia. Pur se quest’ultima ha un iter diverso dalle altre due. A proposito di premierato (1): se quasi duecento costituzionalisti valutano il progetto “un pasticcio” e “un pericolo” per la tenuta del sistema di pesi-contrappesi su cui si basa la Repubblica, qualche dubbio sembra lecito. A proposito di autonomia differenziata (2): idem perplessità se tanti sindaci e presidenti di Regione obiettano al suo contenuto, temendo il ridisegno del Paese secondo una geometria secessionistica. Ricchi da una parte, poveri dall’altra.

Le grandi novità s’introducono con grandi coinvolgimenti, con grande dibattere, con grande pazienza. Tutto è modificabile. Però bene, e col più alto concorso di modificatori. Non è questo il caso del piano di modernizzazione (?) dell’Italia, avviato tra improvvisazioni e sciatterie. Per dirne una: s’ignora perfino con che legge elettorale sarebbe nominato il premier. Scommettiamo: finirà a colpi di referendum, non avendo la destra in Parlamento i numeri necessari ad affermare la sua rivoluzione. Ma, visto l’astensionismo che tira, quanti andranno a dir la loro su premierato, autonomia differenziata, riforma della giustizia? L’Europa isola l’Italia che isola una parte d’italiani: è il tempo della solitudine.

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