L’arroganza del potere non si combatte dimettendosi

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Gallarate, l'aula del consiglio comunale

Le dimissioni di Anna Zambon, segretaria cittadina del Partito democratico, dal consiglio comunale di Gallarate per “protesta contro l’arroganza del sindaco Andrea Cassani”, arrivano all’indomani del lectio magistralis del presidente Sergio Mattarella a Trieste, nella quale si è soffermato sull’assolutismo della maggioranza. Per meglio dire. “Non ci può essere autorità senza limiti”. Tema di grande attualità, che la decisione dell’esponente piddina sottolinea con clamore sbattendo la porta in faccia al primo cittadino leghista. Cassani ha modo e tempo di controbattere e, di sicuro, non ha bisogno di difensori d’ufficio. Il punto è un altro, riguarda l’autoritarismo di chi è al potere, situazioni diffuse e che, evidentemente, non sono un’esclusiva di politici e amministratori di centrodestra.

Il fenomeno, la prepotenza al potere, è diffuso in senso trasversale: chi comanda, sia di destra sia di sinistra, non  accetta interferenze (a cominciare dai giornalisti “rompiballe”). Sufficiente frequentare consigli comunali o incontrare sindaci e assessori per avere controprove. E se Matteo Salvini tenta di ribaltare la frittata, parlando di “dittatura delle minoranze”, il problema rimane. E preoccupa. Ci sono, è vero, le eccezioni. Ma, proprio perché eccezioni, confermano la regola.

Un po’ dappertutto impera il dispotismo. Sostenuto dalla convinzione che chi vince le elezioni ha tutti i diritti. Tutti – come avverte Mattarella – tranne uno: quello di infischiarsene di coloro che hanno opinioni diverse. Ritenute vieppiù sbagliate, inutili, strumentali. Naturalmente non sempre è vero. Anzi, a volte sono proprio i suggerimenti delle opposizioni che aiutano a risolvere le questioni. Ma guai a tenerne conto: quando si conquista un Municipio si cancellano a prescindere i progetti dei predecessori per impedire che su di essi rimanga la firma degli avversari politici, senza tenere conto della eventuale bontà degli stessi progetti.

In un simile contesto c’è da chiedersi quanto contino ora le assemblee civiche, quale dibattito costruttivo pongano in essere, quali risultati ottengano per “il bene della città” se non per la visibilità degli esecutivi di maggioranza. Come dare torto ad Anna Zambon quando sostiene che manca il dialogo. Non solo a Gallarate, dappertutto in giro per le aule consiliari del territorio. Le responsabilità sono di norme che, in effetti, concentrano le decisioni sui sindaci e sulla giunte. E dell’involuzione della politica ad ogni livello, diventata quella che è diventata, che tutti vediamo e purtroppo subiamo. Esempio plastico: la recente rissa in parlamento durante la discussione sul ddl per l’Autonomia.  E’ colpa di un accesso alle istituzioni di personale impreparato, di scarso contenuto culturale, improvvisatori della gestione pubblica senza alcuna esperienza e capacità. Colpa di chi, avendone invece le capacità, si tira indietro.

Anna Zambon s’è dimessa dal consiglio comunale con motivazioni plausibili, inviando un segnale; ma non è dimettendosi che si vincono le battaglie. Anni fa, quando l’assemblea civica di Gallarate aveva senso democratico e di sostanza, i comunisti, cioè coloro dai quali è germinato il partito oggi di Elly Schlein, schieravano una compagine strutturata e combattiva. C’era chi, argomentando sul bilancio di previsione, citava con pertinenza Immanuel Kant. E dalla maggioranza contrapponevano, sempre in modo pertinente, Arthur Schopenhauer. Andrea Cassani, sarà pur vero, taglierà le ali alle opposizioni, mortificando il confronto. Ma le opposizioni sono oggi nelle condizioni di fargli il controcanto, meglio, di fargli il pelo e il contropelo come, secondo il Pd, meriterebbe? Una domanda che, visto il tema posto, va ben oltre Gallarate e chiama in causa gli opposti schieramenti.

Zambon (Pd Gallarate). «Mi dimetto. Contro l’arroganza del sindaco Cassani»

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