Meloni a Bruxelles, partita ancora aperta

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Giorgia Meloni

di Massimo Lodi

La partita di Bruxelles non è finita. Il voto della destra italiana, specialmente del Meloni-partito, potrebbe pesare nella rielezione di Ursula von der Leyen. Popolari-Socialisti-Liberali hanno una maggioranza, tuttavia non al riparo dai prevedibili franchi tiratori. Bisogna allargarla, in modo esplicito o sottaciuto. Faranno avances alla Meloni cui conviene dir di sì. La parte della risentita esclusa l’ha recitata, ma -date le sue premesse nazionalistiche- non poteva che star fuori da un’intesa disegnata in Europa ben oltre la geometria del voto italiano. O accettava il compromesso (turarsi il naso e stringere il patto comprendente il Pse) o subiva l’ostracismo proprio del partito di Scholz. Buona/cattiva la seconda: ha preso, incartato, portato a casa come si dice a Roma. E idem a Varese. E ovunque. Adesso, fatto un guaio politico, bisogna rimediare. Era evitabile sganciando Fratelli d’Italia dall’Ecr (i Conservatori dell’emiciclo di Strasburgo), lo è ancora e sia pure parzialmente accordandosi con VdL in via informale. Come si fa badando alla sostanza anziché alla forma.

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Massimo Lodi

E dunque: io ti faccio avere voti senza nome così allontanando guai da imboscate amiche, tu mi concedi posti e sottoposti (in lizza Crosetto, Fitto, Cingolani) di rilievo. Che non importano a me, giovano al mio Paese. Così dovrebbe andare se buonsenso e praticità avessero il sopravvento. L’avranno? Mah. L’ex underdog è d’uno smisurato orgoglio, al punto da sacrificarvi la saggezza istituzionale. Arriva -cambiando di sfuggita argomento- al punto di coinvolgere Mattarella nella vicenda dei giovani fascistissimi di FdI, come se il presidente della Repubblica potesse pilotare il lavoro giornalistico. Cioè: fino a che punto e come si deve fare un’inchiesta. Stiamo parlando di quella realizzata da Fanpage, andata a curiosare in un movimento politico senza dichiararsi ufficialmente. Un vecchio, sperimentato, arcinoto metodo dei cronisti d’indagine. Cosa c’è da scandalizzarsi?

Tornando al busillis della Commissione Ue, che nascerà dal voto dell’Europarlamento (18 luglio). Non esiste motivo ragionevole d’insistere in una sterile indignazione. La campagna elettorale ha avuto termine, l’unico giapunés rimasto su piazza, Salvini, parla di colpo di Stato a Bruxelles. Vuole la Meloni seguirlo nella sua fantasiosa ricostruzione? Ma dai. Nessun colpo di Stato, solo consumato realismo. Che andava messo in conto e al quale bisognava adeguarsi per tempo. Giorgia detta Giorgia resta ferma al bivio: o credere nella possibilità di diventare l’ala destra del futuro Ppe o relegarsi a un sovranismo di margine, che l’equipara a un qualunque Orbàn. Tajani la sta convincendo alla virata, anche in futura proiezione nazionale. Sarebbe finalmente il caso di dargli retta, in fondo s’è sempre dimostrato un sodale fidato e certo non per eroderle consenso secondo la regola del Capitano vannaccizzato. Se la destra ha un futuro, oltre che un passato, va dimostrato (lo ricorda Fini, benemerito protagonista della svolta di Fiuggi) nel presente. Bene comprendendone lo scenario, la parte da interpretare, i colori da scegliere. Non serve l’armocromia, basta il cronodisarmo: smettere con tempismo un colore ormai logoro. Di sicuro, non più di moda.

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