Vannacci vostri

“Ignoralo”: lo hanno accolto così nell’agone politico, i rivali del PD, con quello che potrebbe passare alla storia come un clamoroso autogol alla Fassino (l’ex segretario Dem che a Beppe Grillo aveva detto “fondi un partito, vediamo quanti voti prende”). Il risultato personale del generale Roberto Vannacci in termini di preferenze è uno dei motivi di interesse del voto europeo dell’8 e 9 giugno. Una campagna elettorale per nulla entusiasmante, come ormai d’abitudine giocata più sui temi nazionali (negli ultimi giorni ha conquistato le prime pagine soprattutto la questione dei centri per i migranti in Albania) che su quelli europei, infarcita di leader – solo Renzi, a quel che dice, farà eccezione – che il seggio all’Europarlamento lo conquisteranno per poi immediatamente abbandonarlo e tornare a Roma. E poi c’è lui, il generale, che a Bruxelles ci vuole andare sul serio.

Fino a un anno fa era un perfetto sconosciuto. Pure illustre: un generale pluridecorato, con un curriculum fatto di missioni nei maggiori teatri di guerra – dalla Somalia all’Iraq all’Afghanistan – dove il nostro esercito brilla per la sua riconosciuta capacità di peacekeeping. Poi si è messo in testa di scrivere un libro. Un libercolo autoprodotto in sé piuttosto banale, che avrebbe fatto la fine dei tanti tentativi andati a male degli innumerevoli scrittori della domenica di cui il mondo è pieno, se non fosse che qualche frase farneticante – come quelle sugli omosessuali, “normali non lo siete, fatevene una ragione”, e sulla campionessa di volley Paola Egonu, “i suoi tratti somatici non rappresentano l’italianità” – non lo avesse proiettato nel dibattito politico da talk show sempre alla ricerca del caso del giorno. Il perfetto “mostro in prima pagina” in piena estate, quando c’è penuria di argomenti. E fu così che il generale, impallinato dall’opposizione e dai “giornaloni”, detronizzato dal ministro meloniano della difesa Crosetto ma difeso dal vicepremier leghista Salvini, ha superato i cinque minuti di celebrità per insediarsi a pieno titolo nella politica da salotto servita alla casalinga di Voghera. “Ignoralo” ha scritto sul suo faccione il PD in apertura di campagna elettorale europea (si, ma quella di Vannacci). E in effetti probabilmente sarebbe bastato ignorarlo, ma dal principio, per sgonfiare un fenomeno (da baraccone) che poi ha iniziato a montare come un’onda.

Ora c’è la prova del voto. Nella Lega nessuno praticamente lo voterà – alle nostre latitudini non c’è big che non ne abbia preso le distanze, da Giancarlo Giorgetti ad Attilio Fontana e Andrea Cassani, per dichiarare sostegno alla candidata del territorio Isabella Tovaglieri (che potrebbe giocarsi il posto nel collegio Nord-Ovest proprio con l’ex comandante della Folgore originario di La Spezia) – ma l’impressione tra gli addetti ai lavori è che il generale senza ufficiali avrà dalla sua un esercito di consensi, anche se non ha certo mobilitato le folle nelle piazze. I leghisti paradossalmente dovranno sperarlo – il bonus Vannacci è l’unica chance che hanno per potersi risollevare e riportare in Europa più parlamentari possibile, dei 27 che sono a Bruxelles – ma sotto sotto sono in tanti a sperare il contrario, perché ogni voto in più al generale è acqua al mulino della sopravvivenza di Matteo Salvini – che ha fatto all-in su Vannacci – in sella al partito che ha ereditato da Bossi e Maroni. Di certo il voto all’autore del bestseller “Un mondo al contrario” sarà un termometro dello stato di salute del populismo. Le sue posizioni sull’Europa non sono memorabili – come una delle sue ultime dichiarazioni: “Putin non è peggio di Stalin. Quindi vale la pena negoziare la pace” – perlomeno non quanto le sue uscite più controverse, come quella sulle classi separate per i disabili. Ma in fondo, nel frullatore della campagna elettorale, poco conta. La battaglia su Bruxelles è, al solito, una scelta di campo, non di contenuti. E un generale, su quel campo, può essere un’arma segreta. O un’arma a doppio taglio.

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